Sunday, October 29, 2006

le radici della pianura 3, Satricum

SATRICUM, Archeologia Pontina




5 date da ricordare:
1896: scoperta di Satricum
1977: scoperta del “Lapis Satricanum”
IX secolo a.C.: costruzione del villaggio che poi sarà Satricum
2003: inaugurazione del percorso di visita del sito e dell’esposizione introduttiva.
2006: inaugurazione del centro documentario del sito.



Parlare del sito di Satricum significa sfatare tanti miti quanti ne hanno sfatati la sua scoperta.
Primo mito: Satricum è il sito archeologico della città di Latina e come tale testimonianza del fatto che la pianura Pontina non era esattamente una palude malarica disabitata ma, anzi, trovava spazio per una città fiorente ed era sede di una rete di strade che la collegava al Nord ed al Sud.
Secondo mito: La prima fase costruttiva di Satricum risale al IX-VIII secolo a.C.. Se consideriamo che i Romani hanno cominciato la loro espansione nel III sec. a.C., se ne deduce che non sono stati i primi e gli unici a popolare la pianura prima del 1800, e questo senza considerare la preistoria!
All’epoca della fondazione e dello sviluppo di Satricum, l’Italia ruotava intorno a due grandi centri culturali: quello Etrusco (che cominciava subito a Nord di Roma) e quello Magno Greco (che cominciava già a sud di Terracina). Ma oltre a questi due mondi in stretta comunicazione col Mediterraneo, esistevano svariati popoli che fondavano la loro economia sulla pastorizia e sull’agricoltura e che abitavano l’entroterra italiano: i popoli Italici appunto. I Volsci erano tra questi e, forse, erano anche tra i più potenti e importanti. Satricum era una città Volsca, fondata dai Volsci e, per questo, in continuo conflitto con Roma, una città che ha vissuto il suo splendore in un periodo abbastanza turbolento, in bilico tra identità Italica e conquiste Romane ma che ha sempre avuto come punto fermo della sua identità il tempio della Mater Matuta, centro nevralgico della religione della pianura intera. (vedi approfondimento storico).

Tuttavia il sito non era solo il suo tempio, era una vera e propria città che gli scavi archeologici condotti dalle Università olandesi stanno riportando alla luce.
Terzo mito da sfatare: gli Olandesi non sono venuti qui di propria spontanea volontà a spogliare il nostro sito ma sono stati invitati a condurre una ricerca scientifica per nostro conto. Per capirlo, bisogna conoscere la storia delle ricerche:
- Satricum fu scoperta nel 1896 da Hector Graillot che individuò il tempio della Mater Matuta sulla collina delle Ferriere. Felice Barnabei, Adolfo Cozza e Raniero Mengarelli condussero le prime ricerche (1896-98) che portarono alla luce tombe, capanne ed ovviamente il tempio stesso.
-Seguì un periodo di buio, una sorta di pausa di riflessione dell’archeologia che in quegli anni andava maturandosi verso il suo stadio “scientifico” e non solo di “razzia colta di reperti”. Le ricerche ripresero con Giulio Iacopi (1937) prima e con Maria Santangelo poi ma niente di davvero importante fu realizzato.
-A questo punto entrano in gioco gli Olandesi: negli anni sessanta e settanta l’area archeologica venne trasformata in vigneto. Allarmato per il pericolo di distruzione, il neonato “Comitato per l’Archeologia Laziale” (nato nel 1974) chiese all’Istituto Olandese di Roma di riprendere le ricerche per salvare e tutelare il sito il più possibile.
- Già nella prima campagna di scavo, Conrad Stibbe, riuscì a portare alla luce forse il più importante reperto della città: il “Lapis Satricanum”, una iscrizione in latino arcaico dedicata a Pubblio Valerio.
- le ricerche da parte Olandese sono andate avanti e continuano tuttora, prima in collaborazione con l’Università di Groningen (Marianne Kleibrink) e poi con l’Università di Amsterdam guidati dalla Dott.ssa Marijke Gnade.

Insomma, nessuno è venuto a trafugare niente e nulla avviene senza autorizzazione da parte Italiana sul sito di Satricum, semmai dovremmo ringraziare chi porta avanti un lavoro che dovremmo fare noi in quanto fortunati eredi di una storia così ricca.

Alcune domande: Come mai Satricum fu così importante sebbene oggi non le diamo abbastanza peso? La risposta è quasi banale: per le stesse ragioni per cui, in epoche storiche più recenti, si è deciso di investire sulla pianura Pontina rendendola il polo industriale di Roma ed un enorme territorio coltivabile che ha permesso lo sviluppo di borghi, paesi e città anche importanti, la posizione geografica favorevole.
Come fanno gli archeologi a comprendere se una città è Volsca oppure Romana? E come possono avere un quadro definito degli avvenimenti storici che la hanno interessata?
In effetti, le prime evidenze che si indagano in un sito sono quelle che dovrebbero essere più distintive e determinati da un punto di vista storico oltre che più spettacolari e piacevoli da ammirare: i tepli e le tombe. E Satricum non è avara in questo senso: il tempio della Mater Matuta e le numerose necropoli della città bastano ad avere un quadro preciso degli avvenimenti che l’hanno interessata e dei popoli coinvolti.
Per concludere questo viaggio nel passato allora, lasciamoci guidare dall’Archeologia. Il tempio di Satricum era dedicato ad una divinità che aveva una importanza di tutto rispetto per i popoli italici e che, anzi, era un punto di riferimento abbastanza saldo nell’immaginario collettivo dell’epoca in quanto divinità essenziale: la Mater Matuta, la madre del mattino, del sorgere del sole, della vita che comincia e come tale nume tutelare delle donne in gravidanza e della vita stessa. È questo, senza alcun dubbio, il fulcro fondamentale intorno a cui ruotava la vita della città sia da un punto di vista spirituale e sociale che architettonico e topografico. Il tempio della Mater Matuta infatti, si trova al centro di quello che è stato definito come l’Acropoli della città, ovvero il centro amministrativo e sociale della città stessa. Sull’acropoli si trovavano gli edifici di culto più importanti, gli edifici di rappresentanza ed amministrativi e, sempre qui, si svolgeva la vita pubblica delle città stesse. Nella gran parte dei casi poi, l’acropoli si trovava nel punto topograficamente più elevato del territorio, in modo che fosse ben visibile a tutti e che da lì tutto fosse visibile (provate a ricordare dove è situato il Partenone di Atene per avere un’idea più concreta). Volendo forzare un paragone con la nostra società, l’acropoli era ciò che per noi è la piazza del comune o della chiesa cattedrale. In effetti però, riconoscere l’esistenza di una acropoli in una città vuol dire sottintendere una sua vicinanza al modello topografico greco prima ed Italico poi piuttosto che Romano, la vita pubblica di Roma infatti si svolgeva nei luoghi definiti “fori”, un modello di area pubblica molto più vicino alle nostre piazze rispetto all’acropoli.

Le fasi architettoniche


La Città ha conosciuto almeno 4 fasi architettoniche, corrispondenti grosso modo alle fasi architettoniche del Tempio (vedi figura e schema cronologico).

I Fase IX- VII sec. a.C.: in questo periodo a Satricum come nel resto d’Italia si viveva ancora in capanne rotonde o ovali scavate in parte nel terreno per trattenere calore e permettere di stare in piedi nonostante un tetto non molto elevato rispetto al terreno. Il pavimento era in terra battuta, le pareti in giunchi o canne o arbusti intrecciati rivestiti di fango secco o intonaco nel caso delle costruzioni più importanti e la vita domestica ruotava intorno al focolare, solitamente posto al centro dell’abitazione. Satricum nasce come centro di aggregazione di capanne proprio in corrispondenza dell’Acropoli. La prima fase architettonica del Tempio è proprio una capanna con un focolare al centro ed al cui interno, in seguito, venne realizzato (forse in coincidenza con una distruzione dell’abitato) un deposito votivo per conservare oggetti di culto doni votivi (statuine, vasi in ceramica miniaturistici e non, fibule e oggetti riferiti alla sfera delle attività femminili come rocchetti e pesi da telaio). Le tombe di questo accolgono ancora cremazioni ma cominciano a comparire anche le inumazioni (ovvero la sepoltura dell’intero corpo) in tombe più importanti, di tipo familiare e costruite in forma di capanna, come a voler ricordare una intenzione di prosecuzione della vita nell’aldilà.

II Fase VII-V secolo a.C. circa: E’ il periodo in cui si comincia a costruire in muratura almeno per quanto riguarda gli edifici più importanti. Sull’acropoli di Satricum, al posto della capanna, sorge il cosiddetto “sacello”, una stanza rettangolare con tetto in elementi leggeri, al cui interno si continuava a celebrare il culto come testimoniano ancora una volta i reperti rinvenuti nel deposito votivo. Le case cominciano a venire costruite in muratura e le strade assumono aspetti più definiti e a volte, come nel caso della strada che portava al tempio, monumentali. All’inizio di questa fase si attribuisce la bellissima tomba a camera ricca di corredi in bronzo che indica la presenza di almeno una famiglia importante sul sito.

III Fase 550- 500 a.C.: . al posto del sacello ma con il suo stesso orientamento viene costruito un altro tempio, il cosiddetto “Tempio I” contornato da colonne su tutti i lati tranne che sul retro (periptero sine postico) come da tipica struttura Italica del tempio. In questa fase l’influenza Etrusca è molto evidente. Come già nella fase del sacello, il tetto del tempio costituito da travi lignee, viene ricoperto con tegole e coppi e abbellito con quelle che vengono definite “terrecotte archiettoniche”. Gli etruschi erano, in Italia, i maestri di quest’arte che hanno poi tramandato ai romani. Sui tetti dei templi venivano realizzate decorazioni anche complesse come alcune scene mitologiche. I pezzi di terracotta che componevano queste scene erano quasi sempre colorate a tinte vivaci e donavano al tempio un aspetto vivace ma affascinante e imponente allo stesso tempo. Tuttavia, nonostante adottasse una tecnica che poi diverrà consolidata, quello del tetto del tempio di Satricum è uno dei primi esempi ritrovati e presenta già motivi decorativi innovativi come la tecnica della pittura su fondo nero. Al cambiamento riconoscibile nel tempio si può associare quello delle strade, così come sarà per la fase successiva. L’importanza assunta dalla città in questo periodo è riconoscibile anche grazie alla presenza di un muro di cinta costruito con la tecnica dell’Aggere (cioè del terrapieno)

IV Fase: all’inizio del V secolo (500-480 a.C.) il tempio assume una importanza ancora maggiore nel panorama cultuale italico tanto da necessitare di una nuova ricostruzione. Viene abbattuto il Tempio I per far posto ad un tempio più grande e con un orientamento diverso rispetto ai precedenti, forse a ricalcare un nuovo assetto urbanistico della città stessa. Il nuovo tempio ha una architettura ancora più complessa della precedente. Le colonne adesso lo contornano per intero ed il tetto, più complesso del precedente, è decorato con una più grande varietà di figure e di decorazione delle stesse oltre che le statue fittili a grandezza naturale poste sulla sommità.
Nella costruzione di questo tempio è stato utilizzato anche un blocco di tufo che si è poi rivelato come uno dei ritrovamenti più importanti provenienti dal sito: il Lapis satricanum.
Questo blocco tufaceo con la famosa iscrizione è stato realizzato in età arcaica (nella fase storica a cavallo tra tempio 0 e I) probabilmente come base di una statua. Il testo è quello di una dedica (vedi testo di sfondo alla pagina) al dio della guerra Marte da parte dei sodali (i membri di una confraternita) del console romano Pubblio Valerio. L’importanza di questa dedica sta nella conferma storica dell’esistenza di questo mitico personaggio della Roma Repubblicana ritenuto uno dei padri fondatori della stessa. Publio Valerio, detto Poplicola (chiunque potrebbe ricordarlo sfogliando un libro scolastico) era stato il soggetto di una delle famose biografie di Plutarco nelle quali si legge che era stato rieletto console di Roma ben quattro volte, un privilegio concesso a pochi.
La tradizione dei depositi votivi continua anche in questo periodo. Alle spalle del tempio è stato ritrovato un deposito databile tra il 350 ed il 200 a.C. E’ evidente che le processioni per portare doni al tempio devono essere aumentate, come l’importanza dello stesso. Questi depositi votivi infatti, non sono altro che “ripostigli” in cui venivano accumulati i doni che i fedeli portavano al tempio per ingraziarsi le divinità (un po come le nostre figurine e suppellettili varie dei santi) e che non finivano nel giro del commercio operato dai sacerdoti ma rimanevano al tempio.
Le sepolture di questo periodo parlano Volsco. I volsci conquistarono Satricum nel 488 a.C. e vi rimasero fino all’arrivo dei Romani. Le tombe di questo periodo dimostrano, con la loro organizzazione spaziale complessa, l’esistenza di una società altrettanto complessa e stratificata ma comunque grossomodo egalitaria. Le tombe sono semplici fosse scavate nel terreno nelle quali il morto veniva disposto supino con più o meno corredo a seconda della sua importanza.

Rimane da chiedersi cosa succede al sito adesso, dopo la sua riscoperta.
Viviamo in un periodo storico fortunato, nel quale è possibile guardare al passato con tecniche scientifiche e trarne considerazioni che possono riguardare il nostro futuro ed il nostro presente come eredi di cultura e di bellezze naturali uniche, tuttavia spesso ce ne dimentichiamo. E così, cose belle che andrebbero valorizzate e tramandate ai nostri figli finiscono nel dimenticatoio, soffocate da cose brutte ma danarose… la domanda è: sentiamo importante conoscere la nostra storia e la storia del nostro territorio per sentirci protagonisti entusiasti dello stesso per costruire il suo futuro? Se è così ci tocca impegnarci a conservare e pubblicizzare posti come Satricum in quanto non solo belli ma utili. Il Comune di Latina e la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio hanno fatto, seppure su due strade distinte, il primo passo perché ciò avvenga. Sul sito adesso esistono due realtà: una struttura che copre e preserva il tempio associata ad un percorso didattico all’ingresso del parco archeologico che ne illustra la sostanza e l’importanza ed un percorso didattico all’interno delle ex-ferriere, in una struttura che è stata ribattezzata “area documentale” con tanto di pannelli 3D e di stereografie del sito.
Non posso fare a meno di chiedermi il perché dell’esistenza di due percorsi quando ne basterebbe uno ben fatto e del perché della mancanza di un unico ente a cui far riferimento per la fruizione di questi beni, ma l’importante è cominciare e, affinché le cose migliorino, c’è bisogno che la gente intervenga e partecipi facendo anche un gesto semplice come il visitare il sito e non lamentandosi se c’è un prezzo (troppo spesso irrisorio) di ingresso o un corrispettivo da versare a chi vi accompagna in una visita guidata. Le cose di qualità, d’altra parte, hanno un prezzo e le cose pagate assumono valore… buona visita!


La storia di Satricum

Prima del V sec. Satricum non è mai nominata ma è prima di allora che vive il suo splendore
500-480 a.C. Satricum partecipa a vari avvenimenti delle guerre Latine contro Roma come città Volsca.
390 a.C. Roma opera la divisione agraria nel territorio di Satricum avvalendosi di un trattato di pace stipulato con i Volsci. Questi, indispettiti, scatenano un ultima fiera resistenza a Roma.
386 a.C. M. Furio Camillo prima ed il dittatore A. Cornelio Cosso poi (385) sconfiggono Volsci, Latini ed Ernici presso Satricum e la conquistano. Una colonia di duemila cittadini romani, viene stabilita a Satricum.
383 a.C. I Volsci riprendono Satricum.
381 a.C. M. Furio Camillo e L. Furio tentano di riconquistare Satricum.
377 a.C. I tribuni consolari P. Valerio e L. Emilio sconfiggono i Volsci ed i Latini presso Satricum. La città viene distrutta ed incendiata definitivamente tranne il tempio.
349 a.C. I Volsci di Antium ricostruiscono la città.
346 a.C. I1 console M. Valerio Corvo conquista la città e la incendia, il tempio è risparmiato.
341 a.C. i Volsci si riuniscono presso Satricum. Dopo di che non si sa più nulla della città fino al 207 a.C. quando si racconta di un fulmine caduto sul Tempio.



Tuesday, June 06, 2006

Le radici della Pianura 2, il Circeo

Il Circeo, culla della Pianura.


In questo secondo capitolo del nostro percorso nella storia della pianura pontina, si parlerà del promontorio del Circeo. Qui, infatti, si conservano le testimonianze più antiche della storia del popolamento umano della zona. Il Circeo non nasconde solo piccoli angoli di paradiso balneare per gli Homo sapiens di oggi, è stata anche un'isola di roccia in mezzo ad una immensa pianura in cui abbondava selvaggina per i Neanderthal prima e per i gruppi di cacciatori sapiens preistorici poi.
Abbiamo parlato dei nostri cugini neanderthal nell'articolo precedente e li abbiamo descritti come una evoluzione tutta europea di Homo herectus che, forse perché troppo specializzata, si è estinta all'arrivo del meno specializzato Homo sapiens. Cosa vuol dire, per noi, essere meno specializzati dei Neanderthal? Non si tratta di una offesa, non sentiamoci il ramo sfortunato della famiglia. A lungo andare infatti, questa minore specializzazione non ha fatto che favorirci nella conquista della terra: i Neanderthal avevano arti e busto corti e tozzi che evitavano la dispersione del calore, nasi dalle grosse cavità che permettevano di immagazzinare l'aria fredda e stemperarla prima di spingerla nei polmoni. Insomma, erano un prodotto dell'evoluzione destinato ai climi freddi.
L'homo sapiens si è evoluto a partire da herectus in Africa centrale ed ha conquistato il mondo in poche migliaia di anni. Quando è arrivato in Europa, in piena età glaciale, ha probabilmente “scelto” (se può essere un termine esatto dal punto di vista evoluzionistico) di non adattarsi fisicamente ma di usare la creatività per “coprirsi di più” e “ripararsi meglio”.
L'homo neanderthalensis ha vissuto in Europa a cavallo di due ere glaciali (Riss e Wurm). Il clima, durante questi periodi era più freddo e meno temperato di oggi, le calotte glaciali artiche arrivavano a coprire anche parte dell'Europa del Nord e, di conseguenza, questa grande quantità di acqua ghiacciata sottraeva acqua ai mari. Il livello del mar Mediterraneo era più basso dell'attuale e la pianura pontina era più estesa. Nei periodi glaciali il Circeo, ci sembrerà strano immaginarlo, non aveva mare ai suoi piedi ma una pianura ricca di fiumi e di paludi, luogo di aggregazione di piccoli e grandi mammiferi. Il promontorio offriva, di conseguenza, una grande quantità di punti strategici per la caccia oltre che molti ripari naturali per i gruppi umani. Era, in sostanza, un balcone su un frigo molto pieno.
Tra due periodi glaciali si verificava un periodo caldo, spesso più caldo dell’attuale (che infatti si definisce temperato) definito “interglaciale” e durante il quale la calotte glaciali si scioglievano innalzando il livello del mare anche a livelli superiori rispetto all’odierno. In sostanza, quando il clima diventava simile agli attuali climi tropicali, il Circeo diventava un’isola come oggi appaiono Ponza, Ventotene ecc.

Era, di conseguenza, nei periodi glaciali che si aveva il massimo del popolamento sul promontorio proprio a causa della sua posizione strategica ed è sempre per questo motivo che, per un certo periodo di tempo, Neanderthal e Sapiens hanno convissuto e si sono incontrati proprio qui sul Circeo ed in pochi altri posti in Europa (per quanto ne sappiamo), durante l’ultimo periodo glaciale (vedi tabella di approfondimento). Non ci è dato di sapere come, cioè se si sono fatti la guerra o hanno convissuto pacificamente, se hanno comunicato o se si facevano concorrenza sui terreni di caccia. Quello che sappiamo è che il Circeo è stato uno dei posti in cui questo incontro è avvenuto.

Questa storia è scritta nel terreno di riempimento delle grotte naturali sparse sul promontorio. Qui, gli uomini che hanno vissuto hanno lasciato testimonianze del loro passaggio attraverso resti di cibo, resti della lavorazione di strumenti in pietra e resti di focolari.

Una di queste grotte, la prima ad essere indagata, è stata grotta "Guattari", situata nell’Hotel Neanderthal, sul litorale.
La grotta preistorica più famosa del Centro Italia è stata scoperta durante scavi per i lavori di scasso per l’estrazione di pietra calcarea alla base della collina del Morrone (estremità orientale del promontorio) il 24 febbraio 1939. Il primo Archeologo ad entrarci fu il Prof. Blanc che riconobbe un paleosuolo (una porzione di terreno rimasto inalterato fin dalla preistoria) risalente a circa 50.000 anni fa. Sul suolo trovò molti frammenti di ossa animali e, soprattutto, un cranio fossile di Homo neanderthalensis, uno dei primi scoperti in Europa e, ancora oggi, uno dei più importanti. Il cranio aveva due tracce di mutilazione: una intorno all’orbita oculare destra ed una intorno al forame occipitale, il punto in cui il cranio si congiunge alla colonna vertebrale. Il prof. Blanc, raffrontando il cranio con le “prede” dei cacciatori di teste melanesiani, parlò di “pratiche di cannibalismo”.

Il presunto cannibalismo dei neanderthal fu però smentito ufficialmente nel 1989 quando, in un simposio internazionale svoltosi a Sabaudia, tutti gli studiosi convennero nel definire il paleosuolo della Grotta una tana di iena in cui i resti ossei altro non erano che i resti dei suoi pasti e dei pasti dei suoi cuccioli.
Lo scavo della grotta ha chiarito tutto anche da un punto di vista temporale. La grotta è stata utilizzata da gruppi di cacciatori neanderthal tra 75.000 e 55.000 anni fa; dopo l’abbandono, una frana occluse l’ingresso della grotta e questa venne trasformata in tana da una iena intorno ai 50.000 anni fa quando la testa di uno sventurato neanderthal venne trasportata nella tana come pasto.

Ma, nonostante la sua fama, grotta Guattari non è l’unica importante del Circeo. Grotta “delle capre” ad esempio, presenta, a circa 8 m slm, una linea che indica la trasgressione marina (l’aumento del livello del mare che ha isolato il Circeo) dell’ultimo periodo interglaciale (Riss-Wurm, vedi tabella) delineato dalle tracce dei datteri di mare, riconoscibili come piccoli fori lungo le pareti della grotta. Sempre all’interno della grotta, a testimonianza di questo periodo caldo, sono stati ritrovati resti fossili di ippopotamo. Nelle grotte “del Fossellone”, “Breuil” e “Barbara” è stato possibile leggere il passaggio tra neanderthal e sapiens e del loro incontro. Oltre che grazie ad i resti umani, gli archeologi distinguono i livelli di occupazione delle due specie di uomo, grazie ai resti dei loro strumenti in pietra.
Per concludere il nostro percorso nel Paleolitico, si possono segnalare alcune scoperte di strumenti in pietra nel canale delle acque medie di Latina e tra Borgo Montello e Borgo Le Ferriere.
Al Paleolitico segue il Mesolitico, un periodo distinguibile solo a livello archeologico e che è possibile riconoscere, sul promontorio del Circeo, sul versante sud-ovest, in località Cava d'Alabastro, nel piccolo Riparo Blanc.

Il prossimo passo nella storia della pianura riguarderà il passaggio al periodo neolitico, quando venne inventata l’agricoltura. Percorreremo le tappe che hanno portato al più antico villaggio della regione a Satricum (Borgo Le Ferriere) e cercheremo di comprenderne la sua importanza.

Dott. Marco Mastroleo

ERE GLACIALI E DATE

Di seguito l’elenco delle principali glaciazioni che hanno interessato l’Europa. Studi recenti hanno dimostrato che i periodi glaciali possono essere stati più di quattro ma qui vengono presentati quelli riconoscibili a livello geologico nei sedimenti delle grotte e grazie alle oscillazioni della linea di costa sul promontorio.

I periodi interessati da quest’articolo sono quelli relativi a Riss e Würm

Pleistocene inferiore

  1. interglaciazione Donau-Günz (1.700.000-1.200.000 anni fa)
  2. glaciazione Günz (1.200.000-700.000 anni fa)

Pleistocene medio

  1. interglaciazione Günz-Mindel (700.000-650.000 anni fa)
  2. glaciazione Mindel (650.000-300.000 anni fa)
  3. integlaciazione Mindel-Riss (300.000-250.000 anni fa)
  4. glaciazione Riss (250.000-120.000 anni fa)

Pleistocene superiore

  1. integlaciazione Riss-Würm (120.000 - 80.000 anni fa)
  2. glaciazione Würm (80.000-10.000 anni fa)

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI:

Le grotte preistoriche.

Fondazione ZEI

Fascicolo in distribuzione all'interno della mostra permanente "Homo sapiens e Habitat" c/o Torre dei Templari, S.Felice Circeo (LT)

oppure visitate il Link:

http://www.fondazionemarcellozei.com/

Wednesday, May 31, 2006

Alcune foto realizzate da me



Cork, Irlanda
Marzo 2006

Mica, primo piano


Yoruk, un popolo di Pastori nomadi dei monti del Tauro, Turchia Meridionale.
Settembre 2004





tramonto su BRNA
Croazia, isola di Korcula
estate 2002





Matera, i sassi.
giochi di luce
inverno 2004-2005


Balconi...
centro storico di Massafra (TA)
Aprile 2006


Vieste, Gargano
Maggio 2005








Thursday, April 20, 2006

Le radici della Pianura

Prende avvio da questo mese una nuova rubrica dedicata all'Archeologia. Molti si chiedono quale sia lo scopo di questa materia e quali siano le differenze rispetto alla storia. Mentre la storia parte da documenti di ogni tipo per ricostrire fatti ed eventi storici, l'Archeologia studia, a partire dai resti materiali (ovvero ciò che è rimasto sepolto sotto terra), la vita quotidiana dei nostri antenati storici e la natura stessa di quelli preistorici. In sostanza, l'Archeologia si interessa dello studio delle nostre radici e delle nostre origini più antiche.
La considerazione più ovvia che ogni latinense può fare a questo punto è che, in realtà, nessuno ha delle radici storiche in questa zona. Molti sono veneti, altri sono campani, altri ancora romani o calabresi o pugliesi e così via. In questo caso però,l'archeologia ci permette di giocare col tempo e di esplorarlo in lungo e in largo facendo diventare tutto relativo.
È proprio giocando col tempo infatti, che scopriremo che sul territorio pontino abbiamo tutti delle radici in comune. Chi può dire di non sentirsi discendente dei romani o dei Volsci? Chi può dire di non sentirsi partecipe delle vicende che nel Medioevo hanno condizionato la pianura pontina? Dalla costruzione di monasteri e castelli a cittadine fortificate. E, soprattutto, chi può dire di sentirsi esentato dalle vicende che ci hanno portato a diventare quello che siamo, anche solo da un punto di vista fisico? Insomma, chi può dire di non sentirsi un homo sapiens?
È proprio da questo punto che partirà il nostro viaggio nella storia del territorio pontino, da S. Felice Circeo, dove, a cavallo tra gli anni '40 e '70, sono state condotte campagne di ricerca mirate a ricostruire la situazione preistorica del promontorio e della pianura circostante nella preistoria.
Per comprendere bene l'importanza del Circeo, dobbiamo spostarci in Africa. È lì, infatti, che si è "evoluto" l'homo sapiens, ed è lì che bisogna tornare per conoscerlo
.

L'ominazione...

Il processo definito ominazione è quello che ha portato un gruppo di scimmie antropomorfe vissute in Africa circa 7 Milioni di anni fa ad evolversi nell'uomo moderno, un cammino che si è concluso 200.000 anni fa con la comparsa di homo sapiens ma che ha conosciuto, durante il suo divenire, diversi altri protagonisti.
Grazie al contributo della paleontologia è stato possibile individuare la serie di progenitori che hanno preceduto gli uomini del Circeo ed, ultimamente, anche grazie alla genetica, è possibile parlare di una linea evolutiva abbastanza definita. riportiamo di seguito una presentazione sommaria e schem
atica delle specie principali che ci hanno preceduto sulla terra e dalle quali discendiamo (vedi anche immagini):

-le diverse specie di australopiteco (come la famosa Lucy) 4,5-2,5 MA(Milioni di Anni) a.C.: esattamente a metà strada tra un gorilla ed un uomo, avevano già una padronanza della stazione eretta ma presentavano ancora braccia molto lunghe adatte alla vita arboricola e molari molto grossi e robusti, adatti alla masticazione di radici e frutti dalla scorza spessa.

- homo habilis 2,5-1,5 MA a.C.: una via di mezzo tra australopitechi ed uomo ma più vicino ai primi, è la prima specie che utilizza strumenti in pietra. Presenta ancora, tuttavia, caratteristiche arboricole.

- homo erectus 1,5 MA - 70.000 a.C.: è la prima specie dotata di caratteristiche pienamente umani. È stato il primo a lasciare l'Africa ed a conquistare Europa ed Asia fino alle filippine ed alla Cina. Era in grado di utilizzare il fuoco e produceva strumenti più complessi di homo habilis. Alcuni studiosi ritengono fosse anche in grado di navigare e di articolare suoni simili al nostro parlato.

-homo neanderthalensis 100.000-35.000 a.C.: l'unico vero antenato europeo dell'uomo si è evoluto proprio qui a partire da homo erectus, del quale porta caratteristiche fondamentali quali: arcate sopraciliari spesse, grande naso, fronte allungata e schiacciata con volume endocranico (cioè quantità di cervello) superiore a homo sapiens.
Nella grotta Guattari, in grotta delle capre ed a riparo Blanch sul promontorio del Circeo, tra gli 80.000 ed i 40.000 anni a.C., era questa la specie che cacciava nella pianura sottostante che, in quel periodo, a causa della glaciazione in corso, era molto più estesa dell'attuale.

- Mentre l'uomo di neanderthal si evolveva e diffondeva in Europa, in Africa orientale, nella stessa zona in cui era evoluto erectus, nasceva il primo homo sapiens, cosiddetto arcaico e datato a 200.000 anni a.C.
Da questo momento in poi, l'ascesa di sapiens è stata inarrestabile. In breve tempo (relativamente), ha conquistato tutto il mondo: Medio Oriente (70-50000 a.C.), Australia (50000 a.C.), Europa (40000 a.C.), Estremo Oriente (40000 a.C.) e America (20-15000 a.C.).
A fare le spese dell'inarrestabile ascesa di sapiens, in Europa, è stato il povero neanderthal. Mentre nel resto del mondo sapiens ha incontrato erectus o lande desolate, in Europa ha incontrato quello che si è sempre ritenuto fosse un nostro cugino e che invece, alla luce delle ultime scoperte genetiche, si è scoperto essere un lontano parente di un ramo estinto della famiglia.
Infatti, mentre molte teorie riguardo all'evoluzione di homo sapiens supponevano una sua origine diretta da neanderthal, la genetica ha smentito queste ipotesi. È stato dimostrato, attraverso lo studio genetico di molti popoli, che discendiamo tutti da antenati africani ed, in particolare, da un unico padre e da un unica madre di cui portiamo l'impronta genetica, una sorta di Adamo ed Eva del DNA.

Nel prossimo numero cercheremo di capire meglio le differenze tra il nostro modo di vivere e quello di neanderthal, proprio alla luce delle scoperte effettuate sul Circeo.
Da lì ci muoveremo poi verso periodi più recenti per arrivare a Satricum (borgo Montello) prima ed ai romani poi.
La scommessa finale di questo viaggio sarà quella di sentirci tutti quanti un po' più pontini ed un po' più consapevoli della storia del territorio nel quale viviamo per apprezzarlo ed amarlo un po di più.

Dott. Marco Mastroleo

se vuoi approfondire l'argomento, scrivimi una e-mail:

a.selvaggia@libero.it

Thursday, March 30, 2006

La mafia secondo me

Cosa è la mafia? Chi è la mafia?
Il popolo siciliano è sempre stato un popolo saggio: è riuscito a dare un nome a qualcosa di intangibile, di fluido e impalpabile, di “sotterraneo”… e si sa, quando si da un nome a qualcosa lo si possiede in parte, entra pienamente nella coscienza e diventa un pezzo della nostra vita. Il riconoscimento è il primo passo fondamentale: la mafia è un Nome!
Detto questo, a cosa corrisponde questo nome?
Vi siete mai guardati intorno? Nella vostra vita quotidiana dico. Non conoscete nessuno che ha trovato lavoro perché qualcun altro lo ha aiutato , lo ha presentato ad un amico di un amico, al parente della moglie della zia ecc…
Certamente sì! E questo, come dare i nome a qualcosa, è il primo passo verso la mafia: creare debiti di onore. Se si riflette su questo, ben presto ci si accorge che tutto intorno a noi ha qualcosa di Mafioso nella sua natura: il sindaco che fa fare manutenzione solo nel quartiere bene della città, la strada di campagna che aggira un terreno che “non poteva essere espropriato”, il conoscente che ha appena la licenza media e fa un lavoro per cui bisogna almeno essere diplomati, il dipendente del comune che passa la giornata a chiacchierare, bere caffè e fumare anziché sbrigare le pratiche senza venir mai ripreso da nessuno, lo scavo archeologico che viene aperto e mai più richiuso perché “quei soldi servono ad altro”…
E questo solo per parlare del cosiddetto mondo del “lavoro”. Perché, se guardiamo l’Università cambia qualcosa? Mai sentito parlare di professoresse di cartografia in un insegnamento di geografia che, però, guarda caso, sono laureate in filosofia! Niente di male se sapessero fare il loro mestiere… peccato che pensano che una isoipsa sia la linea che congiunge punti posti alla stessa altitudine ma non alla stessa quota media sul livello del mare… come se tra le due cose ci fosse una differenza… “e non permetterti di contraddire perchè i professori non si contraddicono, sei un presuntuoso se lo fai…”
“ma, professoressa, sul libro che lei ci ha detto di studiare è scritto così…”
“non importa ciò che è scritto sul libro, i libri sbagliano sai! Tu devi imparare ciò che ti dico io!”
E poi, se vuoi fare una tesi studiando una situazione in Turchia non puoi perché i fondi, che per legge esistono, sono stati assegnati “al consiglio degli studenti”. Fin qui, dovrebbe essere un vantaggio per gli studenti ma… “Tu sei schierato con qualche associazione studentesca?” “No, sono solo uno studente paga le tasse in questa Università…” “mi dispiace, se non sei appoggiato da nessuno non puoi…” “ma io sono uno studente e voi siete il consiglio degli studenti, non delle associazioni studentesche…” “non importa, abbiamo in programma di fare una vacanza Studio a Cuba con la nostra associazione… e quelli dell’altra associazione invece hanno organizzato un mega-concerto…questi soldi per la tua ricerca proprio non possiamo darteli…” “ma, ragazzi, vi rendete conto? L’Università dovrebbe privilegiare la ricerca e…” “Cosa dici?...scusami, devo proprio lasciarti, ho un impegno importantissimo, ho un appuntamento con il rettore…”

Già, perché la mafia siamo noi, che rimaniamo in silenzio e non diciamo niente di fronte a queste cose. La Mafia è un nome ed i siciliani sono stati geniali nell’inventarlo, hanno dato un volto a qualcosa, adesso possono riconoscerla e, volendo, combatterla!
Come lo chiamereste voi un politico che fa una legge per evitare di finire in galera liberando da questo “onere” tutti coloro che, come lui, hanno rubato soldi e dignità a noi cittadini per anni… non mafioso, non è mica Siciliano, vediamo un po… ecco… chiamiamolo…
È questo il problema, non ha nome questa cosa, come facciamo a combatterla?
E se da domani mattina in televisione parlassero solo di Golf e tutte le notizie non inerenti al golf non venissero passate? Finireste per pensare che tutto il mondo ha cominciato a giocare a Golf… allora “è giusto che cominci a farlo anch’io, sarei un diverso se non lo facessi!”
Sai che bel mondo? Solo palle, buche e mazze dalla mattina alla sera… un gran sbattimento!
E se domani invece, accendendo la TV parlassero solo di un quarto del mondo, solo un quarto di ciò che accade ed è … solo quel quarto che aggrada chi gestisce e amministra la TV, gli economisti ed i politici (peggio ancora se le due categorie coincidono). La nostra percezione del mondo sarebbe meno che dimezzata, sarebbe un quarto del reale, il quarto che interessa a qualcun altro che ha deciso al posto nostro cosa è importante e cosa no.

E invece: se da domani l’informazione ce la facessimo noi? Se la smettessimo di dar retta ai giornalisti giornalai e la smettessimo di parlare di “uomini e donne” o di “Amici” e parlassimo dell’ultimo film che abbiamo visto al cinema…
E se la smettessimo di restare in silenzio sperando che arrivi l’uomo risolutore del centro sinistra a cancellare tutti i mali?
E se domani, a lavoro o all’Università, andassimo dal nostro capo o dal professore e gli dicessimo ciò che pensiamo?
E se, salendo sul ventesimo treno in ritardo di 1 ora in un mese decidessimo “tutti” di non pagare il biglietto per un mese fino a recuperare tutti i soldi che abbiamo speso per un servizio mai ricevuto?
E se agissimo invece di parlare e lamentarci?
Forse la smetteremmo tutti di essere mafiosi, perché è questo quello che siamo finché rimaniamo in silenzio: la Mafia non è solo chi uccide e comanda, è anche chi rimane a guardare senza dire niente. Anzi, è soprattutto chi rimane in silenzio a guardare